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Tribunale di Bologna > Orario di lavoro
Data: 28/01/2009
Giudice: Dallacasa
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento: -
Parti: Aziz B./ Mollebalestra SpA
MODIFICA DISTRIBUZIONE ORARIO DI LAVORO – INTRODUZIONE ORARIO SPEZZATO – MANCATA MOTIVAZIONE – ILLEGITTIMITA’ - SUSSISTENZA.


Art. 2109 Cod. Civ.

Art. 32 Cost.

Art. 307 CCNL Turismo – Pubblici Esercizi

 

Un gruppo di lavoratori conveniva in giudizio la società che gestisce  i pubblici esercizi presso la Stazione ferroviaria di Bologna, dopo che questa ne aveva disposto l’assegnazione ad un orario di lavoro spezzato, in luogo di quello continuato fino ad allora osservato, con pause non lavorate fino a 4 ore tra una frazione e l’altra dell’orario giornaliero, il tutto nell’ambito di un nastro orario esteso anche alle fasce notturne.

Era avvenuto che la società avesse avviato una procedura di mobilità del personale, sul presupposto della chiusura di tre dei sei esercizi ivi gestiti – due dei quali riaperti un mese dopo la loro iniziale chiusura –prefigurando inizialmente un esubero di 23 lavoratori. La possibile riduzione del numero degli esuberi dichiarati veniva tuttavia, da subito, condizionata, nel corso di svolgimento della procedura di consultazione delle organizzazioni sindacali, alla disponibilità del personale a tempo pieno – coincidente con quello che aveva maturato anzianità di servizio anche di oltre 30 anni alle dipendenze della società convenuta – alla riduzione a 24 ore settimanali del proprio orario contrattuale, disponibilità non ottenuta.

La società dichiarava infatti la necessità, tuttavia  mai argomentata, di continuare ad utilizzare solo prestazioni part-time, sul presupposto dell’introduzione dell’orario notturno in tutte le unità rimaste dopo la ristrutturazione avviata. In alternativa essa proponeva l’introduzione dell’orario spezzato, con le modalità sopra riferite, per tutti i tempi pieni, anche in questo caso senza spiegarne le ragioni, non ottenendone la disponibilità da parte sindacale.

Alla chiusura della procedura di mobilità seguivano 3 licenziamenti di altrettanti lavoratori, addetti al magazzino, sola ed unica unità effettivamente dismessa all’esito della ristrutturazione effettuata.

I 19 lavoratori a tempo pieno venivano tutti inizialmente, ed unilateralmente, addetti all’orario spezzato, con intervalli non lavorati fino a 4 ore tra un turno e l’altro dell’orario giornaliero, ciascuno di 3-4 ore.

Molti di questi lavoratori proponevano allora azione cautelare lamentando in primis la natura ritorsiva del provvedimento adottato, e comunque assumendo che l’esercizio dello jus variandi datoriale fosse avvenuto al di fuori dei principi di buona fede e correttezza, tenuto conto della mancata esaustiva argomentazione delle ragioni organizzative, o della palese contraddittorietà di quelle genericamente addotte, a maggior ragione alla luce del fatto che alle due unità successivamente riaperte - nelle quali si osserva un orario continuato, con apertura non oltre le ore 21 - venivano esclusivamente addetti lavoratori part-time, molti dei quali, per giunta, assunti a termine nell’imminenza, se non nel corso stesso, della procedura di mobilità.

Facevano inoltre valere i ricorrenti la violazione delle disposizioni del contratto collettivo applicato, che demanda alla contrattazione decentrata, territoriale o aziendale, la determinazione e la durata delle frazioni in cui può essere suddiviso l’orario di lavoro giornaliero.

Sotto il profilo del periculum veniva lamentata l’intollerabilità della modalità richiesta di esecuzione della prestazione, per la lesione del diritto al riposo ed al recupero delle energie psico-fisiche, e l’idoneità della medesima a ledere lo stesso diritto alla salute.

I ricorrenti richiedevano pertanto la riassegnazione all’orario continuato su turni, come osservato in precedenza.

La società convenuta opponeva, costituendosi, che lo jus variandi in materia di orario sia espressione di un potere non sindacabile,  se libero da vincoli contrattuali, di cui disconosceva la vigenza nel caso di specie, sul presupposto che quanto meno una delle norme contrattuali dedotte a fondamento della domanda svolta non si applicasse al comparto dei servizi offerti dall’impresa.

Nel corso di svolgimento della prima fase del procedimento cautelare alcuni soltanto dei lavoratori a tempo pieno, inizialmente addetti all’orario spezzato, venivano ricollocati nelle unità riaperte nelle quali, osservandosi un orario di apertura non oltre le ore 21, non si da motivo di ricorso all’orario spezzato, venendo di conseguenza riassegnati a quello continuato.

Nei procedimenti non risoltisi con la dichiarazione di cessazione della materia del contendere la domanda veniva respinta, sia sotto il profilo del fumus che del periculum. I lavoratori proponevano reclamo – nel quale venivano sostanzialmente ribadite le rispettive argomentazioni in diritto –rilevando, in particolare, come  l’inesistenza delle ragioni organizzative risultasse ulteriormente avvalorata dal fatto che il provvedimento di modifica della distribuzione dell’orario di lavoro continuava a valere per soli 7 lavoratori, in un contesto organizzativo in cui tutti gli altri erano tornati ad eseguire la prestazione con le modalità di sempre.

Il Tribunale di Bologna, in composizione collegiale, accoglieva infine la domanda disponendo la riassegnazione dei lavoratori ricorrenti a turni di lavoro giornalieri continuativi, affermando l’importante principio di diritto secondo cui “lo jus variandi del datore di lavoro, in quanto costituisce un potere che trova la propria fonte nel contratto, non può essere esercitato in modo arbitrario; esso soggiace innanzitutto al criterio generale della buona fede, che è regola generale di esecuzione del contratto; e deve ritenersi contrario a buona fede l’esercizio dello jus variandi, quando esso sia svincolato da comprovate esigenze produttive e organizzative”, riaffermandone in sostanza la sindacabilità da parte del giudice, sotto il profilo della ricorrenza e della adeguatezza delle ragioni legittimanti, eventualmente allegate e debitamente provate.

Sotto il profilo del periculum la domanda veniva ritenuta degna di accoglimento in considerazione del grave pregiudizio, insito nella situazione dedotta,  al diritto al riposo ed alla utilizzabilità del tempo non lavorato, nell’arco della giornata, per sé, per i propri bisogni e la propria famiglia.